Il controllo di gestione (CdG) si è diffuso nelle aziende italiane verso la fine del 1900, trovando applicazione per lo più nelle realtà medio grandi. Questo grazie alla maggior disponibilità di dati forniti dai nuovi sistemi informativi aziendali ma anche alla maggior facilità di disporre di management con le necessarie competenze. Nelle aziende più piccole, il controllo di gestione è ancora poco diffuso. La maggior parte delle PMI con cui ho lavorato negli ultimi vent’anni non aveva mai attuato processi di controllo di gestione.
Che cos’è il CdG
Non va confuso con la contabilità, è piuttosto uno strumento di a supporto della Direzione per controllare e indirizzare al meglio la gestione aziendale. In questo senso, ogni imprenditore esercita il proprio controllo sull’azienda ma spesso questo non avviene seguendo un processo definito e ripetitivo e non avviene sulla base di dat affidabili.
Cosa vuol dire fare CdG
Il controllo di gestione è essenzialmente un processo che si articola in tre macro-fasi:
- formulazione di obiettivi e relativi programmi d’azione (cosa faccio per raggiungere il mio obiettivo) a medio e breve;
- verifica periodica (ad esempio, mensile o bimestrale) attraverso l’analisi degli scostamenti rispetto agli obiettivi;
- definizione di piani d’azione per correggere il tiro se necessario.
Questi macro processi, per essere attuati, richiedono a monte un piano strategico nel quale siano definiti obiettivi, indicatori e strategie di attuazione e, in corso d’opera, l’integrazione di una serie di processi che forniscano input al controllo di gestione:
- contabilità analitica;
- budgeting;
- analisi finanziaria;
- analisi degli scostamenti e reporting.
Nella PMI, in base al contesto, alcuni di questi processi possono essere più importanti di altri. Nel caso di una piccola azienda che non ha mai fatto controllo di gestione, si potrebbe ad esempio partire con un approccio semplificato:
- definizione degli obiettivi;
- predisposizione di un budget complessivo di esercizio;
- analisi periodica degli scostamenti.
In un secondo momento il budget potrebbe essere evolvere con una suddivisione nei principali centri di costo e ricavo e con una pianificazione finanziaria.
Perché fare controllo di gestione
Molte PMI controllano l’andamento attraverso il semplice fatturato o il numero i preventivi fatti e approvati. Ovviamente l’imprenditore che ha esperienza e conosce il proprio lavoro sa, più o meno, come stanno andando le cose. Il fatto è che la mancanza di precisione e talvolta anche di oggettività, soprattutto in periodi di crisi, può essere rischiosa.
Fare controllo di gestione consente, ad esempio, di:
- conoscere il costo esatto di prodotti e servizi;
- sapere quanto si guadagna con ogni vendita;
- sapere quali prodotti e servizi ci fanno guadagnare di più;
- sapere quali clienti rendono di più;
- sapere in anticipo quanto utile faremo a fine gestione,
- sapere se possiamo permetterci un determinato investimento;
- avere le basi per una solida pianificazione fiscale.
la lista non è esaustiva ma esemplifica bene il vantaggio che si può trarre dal controllo di gestione.
Come introdurre il CdG nella propria azienda
Quando un imprenditore sente il bisogno di dotarsi di strumenti di controllo gestione, spesso lo fa attraverso l’acquisto di un progetto di consulenza articolato grossomodo nei seguenti punti:
- analisi dello status quo;
- disegno del sistema e predisposizione degli strumenti (fogli di calcoli);
- formazione;
- passaggio di consegne con procedure attraverso le quali continuare a fare controllo di gestione.
E’ un approccio diffuso e abbastanza standard anche se ovviamente può essere adeguato al contesto tenendo conto delle sue specificità. io stesso l’ho attuato moltissime volte negli ultimi vent’anni. Mi rendo conto che però ha dei limiti.
Infatti dobbiamo considerare che nella maggior parte dei casi l’introduzione del controllo di gestione prevede un cambiamento culturale significativo, per l’imprenditore e per il personale coinvolto. Inoltre l’impatto a livello di procedure non è trascurabile soprattutto considerando che nelle PMI il personale è spesso limitato e impegnato su fronti molteplici. Partire direttamente con un progetto di consulenza, è vero che da l’idea di implementare strumenti ad hoc e di lavorare direttamente sui propri dati vedendo quindi da subito i primi risultati (con l’analisi ad esempio), però è può essere anche dispersivo ed è sicuramente impegnativo. Come conseguenza spesso le PMI portano a casa meno di quanto potrebbero o, più semplicemente, una volta che il progetto è concluso e il consulente è andato via, gli strumenti restano in larga parte inutilizzati.
Come risolvere il problema? Una soluzione è rappresentata dal cambiare l’approccio.
- Partire con un semplice percorso formativo, rivolto all’imprenditore ed eventualmente ai più stretti collaboratori. In questo modo si creano le basi, le competenze, per poter lavorare meglio. SI acquisiscono nozioni sull’analisi di bilancio, il rating aziendale, l’analisi dei costi e il pricing. Si acquisiscono i mattoncini con cui fare la costruzione in seguito. Non è necessario un corso lungo e articolato, su tratta di acquisire i rudimenti.
- Attraverso un breve percorso di business coaching, che può iniziare parallelamente alle azioni formative, si mettono a fuoco gli obiettivi, le esigenze e si lavora sugli ostacoli da superare e sl come farlo.
- A questo punto si progetta il sistema di controllo di gestione per l’azienda:
- obiettivi,
- strumenti,
- procedure e ruoli (chi fa cosa e quando).
- Ancora, il business coaching affianca l’organizzazione nei primi periodi di attuazione in modo da superare gli inevitabili ostacoli.
In questo modo potrebbe sembrare, all’inizio in particolare, di fare teoria ma non è così! I risultati che si raccolgono sono solitamente maggiori nel medio e lungo periodo.